domenica 15 settembre 2013

Ballata dei deboli

Questa cruda ballata è per i deboli
soffocati dal gas degli sconfitti
braccati nei percorsi non agevoli
della storia, annientati dalla lotta
tra la gramigna e il grano.
Sotto il suo calendario senza denti
Mario aveva 24 ore squallide
le contava come pecore opache,
cassintegrato tra gli altri innocenti
senza reti né reddito.
Suo figlio lavorò una settimana;
imbottigliava la neve di Auschwitz
esportata su treni in tutto il mondo,
finché non scadde come latte vecchio
senza alcuno scaffale.
Mohamed, il suo vicino di disgrazia,
con cento euro per una dignità
dal mare era arrivato su una foglia
senza parole per dire: "Pietà,
io scappo dalla morte".
La città non lo accolse come Cristo
da musulmano entrò già con la croce:
Gerusalemme chiede i documenti,
e pare che qualcuno lo abbia visto
dormire alla stazione.
Poco più in là si vendeva Ramona
arrivata d'inverno come il vento
a battere nei viali spudorati;
per lavoro si faceva toccare
dalle lingue dei cani.
Le piaceva indossare, da bambina,
una lunga gonna a tinte magiare,
scoprir le gambe solo per il sole,
che la baciava privo di violenza
come un amore vero.
I pensionati dalle panchine
appena sotto le nuvole plumbee
guardavano partire gli ultimi treni,
senza alcuna fiducia nella fine.
"Non esiste, il futuro
- dicevano - dannata morte, portati
all'inferno gli acciacchi e l'inflazione";
il governo li ha messi in condizione
di risparmiare sui grammi di pasta
guardando la tv.
Arrivò mezzogiorno,
i cancelli lasciarono passare.
Sembrò qui l'ora d'aria, sulla terra,
le baracche vomitarono gli ultimi,
ad un tratto la fine della guerra
bella ci fece ritornare umani
in tutte le periferie dell'anima.