domenica 15 dicembre 2013

Matrimonio

Voglio essere felice
ed esibirmi in cielo come il sole,
esplodere nell'alba
essere io stesso incendio
finché morte non ci separi
- esperta struccatrice -
alle 23,30
quando per fortuna è tutto finito.

martedì 8 ottobre 2013

500

Del sole cinquecento figli in fuga
dalla grande mammella secca presero
il largo sopra il dorso di un'acciuga;

formiche su una foglia, non si chiesero
neppure quali nomi disgraziati
ai loro visi tristi i padri appesero.

Dal passato erano appena salpati
che la lamiera alle onde già inciampava
e ai loro corpi, ruvidi e disperati,

per il pugno che bruto li picchiava,
si aprì magnifico il baratro blu.
Un orizzonte orribile aspettava,

ma pensavano a sirene, laggiù,
con in cielo il latrato del gabbiano 
e la terra che non si vede più.

La madre strinse del bimbo la mano:
lui temeva Caronte, lo scafista,
maschera amara, campo senza grano,

amico al mostro che dicono esista
negli abissi dell'animo dell'uomo.
C'era qualcuno che nel nulla, a quella vista,

ricordò i trenta tramonti di bromo
nel vuoto di un Sudan interminabile;
c'era chi, invece, dalla guerra domo,

per i massacri e il sangue inconsolabile,
a ritroso sui passi di Mosè
era parte di un fiume inarrestabile,

che immane lutto portava con sè.
Nel punto di raccolta, a Misurata,
 per mesi furono schiavi del re

delle tratte di incubi: era stipata 
umanità sospesa, fatta fiera,
che il giorno lavora e poi è torturata

dalle violente mani della sera,
che le donne non lasciano dormire.
Cinquecento dollari, e la filiera

dava il biglietto del nuovo imbrunire,
che puzza meno di piscio e sudore
quando la pece va il mare a riempire.

Tanto paziente è questo gran dolore!
Eccolo il Cristo, sull'acqua a sognare,
con un santino in tasca, uno nel cuore

e gli auguri a penna di un familiare.
Dopo due giorni di sapida brezza,
con bere poco e niente da mangiare,

fu quasi terra, Europa, salvezza!
Oh Lampedusa, ombelico di morte
la storia condannò la tua bellezza,

croce nello zaffiro infissa forte,
sui cadaveri crescono i tuoi fiori,
africa goccia di anime assorte.

I migranti avvistarono lucori,
lucciole sul mantello della notte,
erano pescherecci ancora fuori:

videro splendere su quelle rotte
improvvisi barlumi di futuro.
Ma nell'ultimo miglio si abbattè

un tanfo fetido di nafta, duro
sul ponte soverchiò l'atra salsedine,
sembrò di nuovo tutto intorno scuro,

l'acqua saliva da un'intercapedine
e il vecchio motore era in avaria;
la paura sibilò come torpedine

così a qualcuno venne la follia
di accendere nel buio una coperta,
per segnalare alle barche la scia;

la richiesta d'aiuto andò deserta,
il gasolio nell'aria divampò
su un lato dell'imbarcazione incerta,

che come una cesta si rovesciò
per il balzo improvviso dei migranti,
e con un tonfo sordo affondò.

Pensa se, prima che nell'alba canti
la fine silenziosa dell'angoscia,
il diavolo con i suoi freddi guanti

avido si aggrappasse alla tua coscia,
e ti avvolgesse da vivo d'inferno
dentro quel ghiaccio che mai più lascia:

molti rimasero preda all'interno
del ventre, nel relitto rovesciato,
che cadde vorace nel letto eterno

con chi nei suoi denti restò incastrato.
Ed altri a galla nell'oscurità
in un pianto confuso e disperato

verso la luna che non era là
pregarono del nimbo il riflettore,
ma polvere offuscava chiarità.

Le madri con atavico ardore
sollevavano i figli sull'altare,
scongiurando Nettuno che il malore

venisse dopo aver lasciato il mare.
Le loro braccia divennero acciaio
ali ai piedi le fecero volare

fino al risveglio del giorno. Ma il guaio
fu per chi senza più forze tra questi,
precipitò gonfio d'acqua; lo sbaglio:

non denudarsi in tempo delle vesti,
Gli abiti diventavano un'incudine
anche se il gelo li teneva desti.

Sull'isola rimane consuetudine
andare presto a scrutare la costa,
tra i pescatori è più di un'abitudine,

ai loro occhi è sacra la risposta
di quell'azzurro che nasconde ricchezza.
Quella mattina, dalla parte opposta,

punti apparsi nella frivolezza
delle onde, emettevano un lamento
tanto accorato, come una carezza

aggrappata ai capricci del vento.
E quando questi mutarono in teste
dallo sguardo abbozzato e cupo, spento,

affiorare avvistarono foreste
di suppliche di membra agitate,
una distesa di pene funeste.

Molte di queste furono alleviate
dalle reti dei soccorritori,
che li strapparono a fauci salate

dalle quali non vengono più fuori
migliaia di corpi inermi, fuggiti
alla ricerca di vite migliori.

Tutti nudi come feti avvizziti
si salvarono in meno di duecento,
e capita nei più modesti miti

che i nomi poi svaniscano nel vento:
cinquecento umili eroi senza eponimo,
l'immensa tragedia di un bastimento.

I subacquei, angeli di un cielo minimo,
salvarono corpi dalla putredine,
che dei capelli e delle alghe lo spasimo

fondeva in quell’abissale altitudine.
Chi dentro sacchi colorati e chi no,
Ciascuno ritrovò la solitudine.

domenica 15 settembre 2013

Ballata dei deboli

Questa cruda ballata è per i deboli
soffocati dal gas degli sconfitti
braccati nei percorsi non agevoli
della storia, annientati dalla lotta
tra la gramigna e il grano.
Sotto il suo calendario senza denti
Mario aveva 24 ore squallide
le contava come pecore opache,
cassintegrato tra gli altri innocenti
senza reti né reddito.
Suo figlio lavorò una settimana;
imbottigliava la neve di Auschwitz
esportata su treni in tutto il mondo,
finché non scadde come latte vecchio
senza alcuno scaffale.
Mohamed, il suo vicino di disgrazia,
con cento euro per una dignità
dal mare era arrivato su una foglia
senza parole per dire: "Pietà,
io scappo dalla morte".
La città non lo accolse come Cristo
da musulmano entrò già con la croce:
Gerusalemme chiede i documenti,
e pare che qualcuno lo abbia visto
dormire alla stazione.
Poco più in là si vendeva Ramona
arrivata d'inverno come il vento
a battere nei viali spudorati;
per lavoro si faceva toccare
dalle lingue dei cani.
Le piaceva indossare, da bambina,
una lunga gonna a tinte magiare,
scoprir le gambe solo per il sole,
che la baciava privo di violenza
come un amore vero.
I pensionati dalle panchine
appena sotto le nuvole plumbee
guardavano partire gli ultimi treni,
senza alcuna fiducia nella fine.
"Non esiste, il futuro
- dicevano - dannata morte, portati
all'inferno gli acciacchi e l'inflazione";
il governo li ha messi in condizione
di risparmiare sui grammi di pasta
guardando la tv.
Arrivò mezzogiorno,
i cancelli lasciarono passare.
Sembrò qui l'ora d'aria, sulla terra,
le baracche vomitarono gli ultimi,
ad un tratto la fine della guerra
bella ci fece ritornare umani
in tutte le periferie dell'anima.

martedì 13 agosto 2013

Kebap

Un'esistenza piena
è una parabola che torna a terra,
ecco la vita esposta al funerale
nella gravità ineluttabile
degli oltre novant'anni:
la base si restringe presto in punto
per poi sparire inesorabilmente
nella calca dei loculi.

La notte stessa
- uscendo dal museo della disgrazia -
un mio amico mordeva un kebap
sperando di addentare una risposta.
Si chiedeva se la felicità
sia balzare più in alto degli altri
oppure una balistica armoniosa
(o la salsa allo yogurt),
propendendo per la seconda ipotesi
cioè l'arcobaleno.

Io - appeso appena a uno sgabello,
sulle spalle le quattro del mattino -
temevo la città e il suo precipizio
senza fantasia ma pieno di paure:
nelle ore irrilevanti
non penso che alla morte.

giovedì 8 agosto 2013

Ionio

Lancio sassi irrilevanti
nell'enormità del mare

che insiste col respiro
sulla riva, dialogando
impassibile col cielo.

Anche i tuffi dei bagnanti
dentro bocche e occhi di luce
sono poco più che gocce di pioggia.

Si può far vacillare l'orizzonte?
Si può spaventare l'immenso?

sabato 20 luglio 2013

La locusta

Sul timpano una locusta
mi sussurra parole d'amore:
ama il male, viva il male!

Lasciare la finestra spalancata
ed all'aria la libertà
condanna ad incontri luciferini:

d'agosto fa un caldo d'inferno
che incombe turbando i bambini.

Incontrai la locusta in un'estate
nei pressi della prima comunione
la schiacciai con la mano come un'ostia
ma ritornò nella stessa stagione.

Maledetto insetto assiduo
mi rendi ruvido,
mi sento inutile
vicino a te!

martedì 9 luglio 2013

Individuo

Come vorrei disarcionare il cielo
solo con un soffio,
ma in realtà è così pesante!
Ho provato con un graffio
brandendo una mano,
con ciò cadendo irrilevante
nella sua consistenza impassibile!
Ci vorrebbe un uragano
ma ho i polmoni piccoli:
sembra proprio impossibile
essere pericolosi da soli,
disse il re alla sua serva.

domenica 7 luglio 2013

Mar Morto

I confini della Giordania
sono un esempio di forma arbitraria:

a me pare una sezione di farfalla
oppure un falco che domina l'aria,

mentre alla mia raffinata ragazza
ricorda la Nike di Samotracia.

Neppure dall'interno
riesco a risolvere la verità:

dal monte Nebo di terre promesse
nel vapore non ne vedo,

piuttosto mi chiedo
se il sale del Mar Morto
è metafora del nulla

così denso da respingere dio
portandolo a galla
come se fosse una qualsiasi idea.

sabato 6 luglio 2013

Bagnanti

Una foresta di fertilità
è l'estate dai petali cadùchi,
che fa fiorire fianchi rigogliosi e imperfetti:
pelli bianche di sambuchi
o annerite dal sole come ulivi,
dipinte dal gioioso dio diabolico
dei bagnanti, che restano in attesa
di nuove pesche, fresche da assaggiare,
nella dolce corrida tra metà.
Nella seconda parte del mio stare
noto come corpi opposti si accoppino,
senza badare alle pubblicità
di ideali emaciati, dunque effimeri.
Siamo in molti ad amare questa vita
e in inverno torna la verità,
ma adesso possiamo spogliarci
per battere il petto col sole
per farci abbracciare dall'acqua
e farci baciare dal vento.

domenica 26 maggio 2013

Morte di Don Gallo

Maggio ha imparato dai tempi meschini
e ora ospita il diluvio universale

in una primavera fredda ed umida
senza fiori e produzione industriale.

Un sole dalla virtù incerta scappa
latrano i cani che infestano il cielo

gli ultimi eroi cercano il prete rosso
per la parola pura, senza il velo

plumbeo che pare, oggi, la verità.
Cresceva tanto grano sulle strade

che dire messa sembrava superfluo,
ma la gramigna costò meno

e i giovani, che vanno con le mode,
ora ne vogliono un futuro pieno.

Nuvola

Sorridi e cade una goccia di sole
sul bianco di lentiggini stellato
quando la tua vita sonora vuole
fiorire in buffe frasi su di un prato:

così appare Parigi in questo maggio
dedicato alla rinnovata età
di un fiore che ravviva ogni tendaggio,
ombelico di petali e irrealtà.

Anch'io vorrei avere occhi deformanti
creativi come le api con la cera,
veder sbocciare le storie degli uomini

che le strade affollano assordanti
in tutte le città che, lieve, domini,
ma non so se sei nuvola o sei vera.

domenica 19 maggio 2013

Caverna a cielo aperto

Questo sole assoluto
è la più grande assenza
cha sia nato o caduto
non mi fa differenza
se ogni cosa si alterna
senza potersi opporre
alla morte materna
il mio pensiero corre
con enorme stupore:
non riesco a disegnare
nel vuoto del colore
una fine da fare.

giovedì 16 maggio 2013

Cerino

Oltre la verde finestra deforme
sento delle formiche il tichi taca
pestare il tuorlo d'uovo
e me, schiacciato a letto.
Se una bocca aperta avessi ad amaca
ingoierei la sveglia,
con dentro il giorno intero
e il suo assurdo brusio.
Voi, volatili dalla testa piccola
che fischiate alle mammelle di maggio,
non distinguete tra le primavere?
Non capite che il mondo cambia in peggio?
Anch'io non piango più per le chimere:
nella mia pigra attesa orizzontale
mi basta un totem eretto al mattino
per farne volontà.

mercoledì 24 aprile 2013

Istanbul

Le moschee sono ragni
enormi, anime e paure
conquistano le alture
con lunghi minareti,
nelle ore di preghiera,
tra lingue di tappeti
che ricamano canti
nella luce del Corno
D'Oro, di navi avorio
che tagliano il burro
morbido dello stretto,
un mosaico azzurro
con braccia d'acciaio
che afferrano Europa e Asia:
insegne nella notte
di tribù millenarie,
di sete e spezie perse
nei convogli del tempo.
Pani e piccoli pesci,
raccolti dai pescatori
allineati sui ponti,
crepitano nel vento
incrociando gli odori
della carne arrostita:
uomini e agnelli insieme
in spazi stretti, opachi
e tintinnanti come tè.
Caffettano stellato,
di equilibrio ubriachi
dervisci che sbocciano,
papaveri ad aprile
e compassi impassibili!
Fitte meyane onorano
con il raki Atatürk,
ucciso da cirrosi
come un triste sultano:
dopo la mezzaluna
verrà l'alba dall'Iran,
gonfia di zafferano
carica di fortuna.

martedì 23 aprile 2013

Acquarelli

(Poesie inserite in un catalogo, distribuito anche in inglese, di 330 acquarelli di artisti europei e brasiliani in occasione dell'evento 'FabrianoinAcquarello - Fabriano in Watercolour 2013' organizzato dalla InArte di Anna Massinissa).


I.

Il cielo è lo spettatore magnifico
le cui schegge ci strappano lo sguardo

gli uomini colgono luce da terra
perché il colore ha potere salvifico:

nudo, disteso, gravido
come un ventre di donna,
mentre piogge invisibili
fanno la carta fertile.

L. Allegrini


II.

Il fiume Giano,
come dio dei vuoti,
esorta cose semplici
a farsi miracolo.
Da acqua e fibre,
regali di cielo e terra:
vuota, nuda,
preziosamente
inviolata come Eva,
la bianca carta.
L’artista
che dissacra
per suo piacere,
in agognata frenesia,
vi sparge l’immaginato
sfregando setole
su tazze d’acqua e colori
rubati alle infinite gradazioni
del conosciuto.
Forme, della sua realtà,
sul foglio vede mutate
come betulle specchiate
in un lago increspato.
Si manifesta un prodigio.

Mauro Allegrini

martedì 9 aprile 2013

Bagno Turco

Se un vento caldo abbraccia il mondo
se ci bagnamo nell'aria afosa
basta il verso di un poeta.

Il turco Hikmet guardava al sentimento
universale dell'amore:
un esempio di vate
mentre i riflessi del Bosforo fanno
danzare le colline di Istanbul,
creando caos e non gioia.

L'uguaglianza mortifica le ambizioni:
è questo il più grande errore dell'uomo
e non si può correggere,
come certifica anche il fallimento
dei sussidi statali.

E' la verità che rende il santo asceta,
che umilia l'umiltà,
che dilania il dialogo,
e offendendo la ragione
ci deposita, alla fine, nudi e soli.


domenica 7 aprile 2013

Paradosso

Il giorno dice che esisti e la luce
non dà alcuna risposta:

tutto sembra un terribile deserto
popolato di assenti
e insetti disordinati.

Essere marionette della notte
è una farsa più semplice:
penso eppure non sono,

il paradosso è la mia salvezza
in attesa dell'alba.

sabato 6 aprile 2013

Don't try Suicide

Ho pensato la tua morte,
la resa a dio, il suicidio:
tu eri un missile e ti schiantavi al suolo
facendo esplodere tutta la terra,
il tuo urlo era l'universo
e ricadeva nel vuoto.

Meglio non sarebbe stato
il tuo lieve penzolare
appesa al cielo
in scia alla falce, quella maledetta
che cancella rubriche telefoniche
come l'oblio.

Cos'altro può gridarti la pistola
all'orecchio se non BANG?
Sarebbe la fine del futurista
noto come Majakovskij,
la polvere da sparo
non conosce misteri.

Inghiottire le pasticche
mischiate ai mazzi di fiori,
in un veliero, o nell'oblunga vasca,
sarebbe un dolce e sensuale conato,
quasi silenzio.

Allora ho scongiurato l'uccellaccio
affinché fosse prudente
e non azzardasse picchiate:
desidero che la tua morte sia
una bolla di sapone che scoppia,
o se preferisci l'epica
il fiume che annega nel mare
quando il sole si addormenta.

sabato 16 febbraio 2013

Islanda

La pietra morde di faccia l'oceano
bambini raschiano il muschio con le unghie
giorno e notte combattono per il cielo
dilaniando la luce
spartendosi le stagioni nel sangue
bagnandosi nell'oro.
Quanta violenza siede nel silenzio
come una madre che non ami il figlio
mentre il ghiaccio robusto grida vento
sotto uccelli mostruosi,
molto più intelligenti delle nuvole
che non si interessano della terra.
Si può restare in piedi
in questa cosmogonia sussurrata
dalle fessure di eterna natura.
Chissà che pensano i fratelli pesci
se provano la paura
immersi nell'altra metà d'immenso.

domenica 13 gennaio 2013

Stanza

Mi ricordo: eravamo due pistole
adagiate su un letto,
avrei potuto trasformarmi in lampo
cavalcare un proiettile,
ma la luna matrigna ci guardava
arrampicata su un'impalcatura.
Quel viso screpolato alla parete
illuminava con luce di colpa
la nostra pelle calda, inquieta, pallida.
Non lo dirò a nessuno
quella stanza non è mai esistita.