martedì 8 ottobre 2013

500

Del sole cinquecento figli in fuga
dalla grande mammella secca presero
il largo sopra il dorso di un'acciuga;

formiche su una foglia, non si chiesero
neppure quali nomi disgraziati
ai loro visi tristi i padri appesero.

Dal passato erano appena salpati
che la lamiera alle onde già inciampava
e ai loro corpi, ruvidi e disperati,

per il pugno che bruto li picchiava,
si aprì magnifico il baratro blu.
Un orizzonte orribile aspettava,

ma pensavano a sirene, laggiù,
con in cielo il latrato del gabbiano 
e la terra che non si vede più.

La madre strinse del bimbo la mano:
lui temeva Caronte, lo scafista,
maschera amara, campo senza grano,

amico al mostro che dicono esista
negli abissi dell'animo dell'uomo.
C'era qualcuno che nel nulla, a quella vista,

ricordò i trenta tramonti di bromo
nel vuoto di un Sudan interminabile;
c'era chi, invece, dalla guerra domo,

per i massacri e il sangue inconsolabile,
a ritroso sui passi di Mosè
era parte di un fiume inarrestabile,

che immane lutto portava con sè.
Nel punto di raccolta, a Misurata,
 per mesi furono schiavi del re

delle tratte di incubi: era stipata 
umanità sospesa, fatta fiera,
che il giorno lavora e poi è torturata

dalle violente mani della sera,
che le donne non lasciano dormire.
Cinquecento dollari, e la filiera

dava il biglietto del nuovo imbrunire,
che puzza meno di piscio e sudore
quando la pece va il mare a riempire.

Tanto paziente è questo gran dolore!
Eccolo il Cristo, sull'acqua a sognare,
con un santino in tasca, uno nel cuore

e gli auguri a penna di un familiare.
Dopo due giorni di sapida brezza,
con bere poco e niente da mangiare,

fu quasi terra, Europa, salvezza!
Oh Lampedusa, ombelico di morte
la storia condannò la tua bellezza,

croce nello zaffiro infissa forte,
sui cadaveri crescono i tuoi fiori,
africa goccia di anime assorte.

I migranti avvistarono lucori,
lucciole sul mantello della notte,
erano pescherecci ancora fuori:

videro splendere su quelle rotte
improvvisi barlumi di futuro.
Ma nell'ultimo miglio si abbattè

un tanfo fetido di nafta, duro
sul ponte soverchiò l'atra salsedine,
sembrò di nuovo tutto intorno scuro,

l'acqua saliva da un'intercapedine
e il vecchio motore era in avaria;
la paura sibilò come torpedine

così a qualcuno venne la follia
di accendere nel buio una coperta,
per segnalare alle barche la scia;

la richiesta d'aiuto andò deserta,
il gasolio nell'aria divampò
su un lato dell'imbarcazione incerta,

che come una cesta si rovesciò
per il balzo improvviso dei migranti,
e con un tonfo sordo affondò.

Pensa se, prima che nell'alba canti
la fine silenziosa dell'angoscia,
il diavolo con i suoi freddi guanti

avido si aggrappasse alla tua coscia,
e ti avvolgesse da vivo d'inferno
dentro quel ghiaccio che mai più lascia:

molti rimasero preda all'interno
del ventre, nel relitto rovesciato,
che cadde vorace nel letto eterno

con chi nei suoi denti restò incastrato.
Ed altri a galla nell'oscurità
in un pianto confuso e disperato

verso la luna che non era là
pregarono del nimbo il riflettore,
ma polvere offuscava chiarità.

Le madri con atavico ardore
sollevavano i figli sull'altare,
scongiurando Nettuno che il malore

venisse dopo aver lasciato il mare.
Le loro braccia divennero acciaio
ali ai piedi le fecero volare

fino al risveglio del giorno. Ma il guaio
fu per chi senza più forze tra questi,
precipitò gonfio d'acqua; lo sbaglio:

non denudarsi in tempo delle vesti,
Gli abiti diventavano un'incudine
anche se il gelo li teneva desti.

Sull'isola rimane consuetudine
andare presto a scrutare la costa,
tra i pescatori è più di un'abitudine,

ai loro occhi è sacra la risposta
di quell'azzurro che nasconde ricchezza.
Quella mattina, dalla parte opposta,

punti apparsi nella frivolezza
delle onde, emettevano un lamento
tanto accorato, come una carezza

aggrappata ai capricci del vento.
E quando questi mutarono in teste
dallo sguardo abbozzato e cupo, spento,

affiorare avvistarono foreste
di suppliche di membra agitate,
una distesa di pene funeste.

Molte di queste furono alleviate
dalle reti dei soccorritori,
che li strapparono a fauci salate

dalle quali non vengono più fuori
migliaia di corpi inermi, fuggiti
alla ricerca di vite migliori.

Tutti nudi come feti avvizziti
si salvarono in meno di duecento,
e capita nei più modesti miti

che i nomi poi svaniscano nel vento:
cinquecento umili eroi senza eponimo,
l'immensa tragedia di un bastimento.

I subacquei, angeli di un cielo minimo,
salvarono corpi dalla putredine,
che dei capelli e delle alghe lo spasimo

fondeva in quell’abissale altitudine.
Chi dentro sacchi colorati e chi no,
Ciascuno ritrovò la solitudine.