Il pugno che agito in alto
non minaccia alcun cielo
non arringa la rabbia,
non dice di vittorie.
E’ più simile al sesso di un bambino
che nudo affronta, ridendo, il futuro.
Perché io non sarò mai come voi.
che vi vedete ovunque
nei titoli gridati.
Falsi tra sputi e ricami su frasi,
lingue strette da nodi di cravatta,
sento nel vostro accento
punte da bugiardi o da scarpe di marca,
l’incubo del labirinto di specchi,
stonato come il canto
che dedicate al sé.
Tra piante rampicanti
sono solo una bocca
e tale resterò,
anche avvolto da parole e da muse.
Oppure sarò un uccello o un insetto,
che scappa dalle finestre socchiuse
appena sente odore d’aria aperta.
Cercami come
fango nel fiume
goccia nel mare
sasso del suolo
soffio nel vento
lacrima nella pioggia
raggio nella luce,
voce nella città
nulla nell’universo.
Umile battito d’umanità,
affacciato dall'occhiaia di un palazzo,
schiocco di dita di un dio che non c’è
neppure nella poesia.
La semplicità si svela da sola
ed è un essere abbastanza complesso,
non è utile coprirsi di ridicolo
scimmiottando l'assurdo.
Appoggio come un punto su una parete bianca
e scrivo per non affermare niente:
il ventinove è anonimo
e non celebra nulla.
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