Un'esistenza piena
è una parabola che torna a terra,
ecco la vita esposta al funerale
nella gravità ineluttabile
degli oltre novant'anni:
la base si restringe presto in punto
per poi sparire inesorabilmente
nella calca dei loculi.
La notte stessa
- uscendo dal museo della disgrazia -
un mio amico mordeva un kebap
sperando di addentare una risposta.
Si chiedeva se la felicità
sia balzare più in alto degli altri
oppure una balistica armoniosa
(o la salsa allo yogurt),
propendendo per la seconda ipotesi
cioè l'arcobaleno.
Io - appeso appena a uno sgabello,
sulle spalle le quattro del mattino -
temevo la città e il suo precipizio
senza fantasia ma pieno di paure:
nelle ore irrilevanti
non penso che alla morte.
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