Nella vasca da bagno
e in due dita di smog,
per diabolici gorghi di sapone
il cielo lo risucchierà lo scarico.
Non so cosa sia accaduto nel mondo:
ieri mi sono arreso al vino rosso,
sulle labbra il disperato bisogno
di non essere più,
sulle spalle il fiato di un corvo scosso.
Perché ho lasciato alla porta il mio sogno
promettendogli che,
una volta lassù,
ci saremmo rivisti.
Eppure oggi è domenica
e i funerali, si sa, non si celebrano:
si copre la morte sotto un tappeto
umido di mattina.
Io incarto gli occhi in fogli di giornale
e chiedo: santifica i giorni tristi,
quando mi lavo ma ancora sto male.
lunedì 3 ottobre 2011
martedì 19 luglio 2011
Autoritratto
Vorrei essere uno scheletro
un punto interrogativo allo specchio,
sembrare malato e autosufficiente
inadatto alla carne e alla sporcizia.
Con il naso affilato
proiettare tristezza sulle strade,
con l'ombra della barba sul mio viso
coprire le parole sulle labbra.
E sussurrare ti amo
come il volo di trecento farfalle
che si posano, improvvise, in silenzio.
Mi hanno tranciato le ali
e puoi toccarne ancora i moncherini.
Mi vedi? Nudo e pallido
sembro candore oppure solitudine?
Io non svelo i segreti delle ciglia
se non i miei occhi, grandi come pugni.
L'unico vezzo è la nobiltà delle
gambe mentre mi allontano di schiena,
ma spero sempre che lei non capisca
la mia stessa distanza dal mio corpo.
un punto interrogativo allo specchio,
sembrare malato e autosufficiente
inadatto alla carne e alla sporcizia.
Con il naso affilato
proiettare tristezza sulle strade,
con l'ombra della barba sul mio viso
coprire le parole sulle labbra.
E sussurrare ti amo
come il volo di trecento farfalle
che si posano, improvvise, in silenzio.
Mi hanno tranciato le ali
e puoi toccarne ancora i moncherini.
Mi vedi? Nudo e pallido
sembro candore oppure solitudine?
Io non svelo i segreti delle ciglia
se non i miei occhi, grandi come pugni.
L'unico vezzo è la nobiltà delle
gambe mentre mi allontano di schiena,
ma spero sempre che lei non capisca
la mia stessa distanza dal mio corpo.
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Ferie
Da quando ho il cuore in tasca
un'incudine mi batte nel petto,
perciò gli aerei mi tengono a terra
e salgo solo su treni ferraglia,
che fermano in stazioni precedenti
alle città immaginate al mattino.
Non mi rimane che cambiare aureula
ed allargare quel filo di ferro:
per le circonferenze
mi servono le ferie,
tempo per il bagaglio
e per la mia esistenza.
un'incudine mi batte nel petto,
perciò gli aerei mi tengono a terra
e salgo solo su treni ferraglia,
che fermano in stazioni precedenti
alle città immaginate al mattino.
Non mi rimane che cambiare aureula
ed allargare quel filo di ferro:
per le circonferenze
mi servono le ferie,
tempo per il bagaglio
e per la mia esistenza.
sabato 16 luglio 2011
Colpa
Mi sono rifugiato
nel punto più lontano
dal tuo sguardo impaurito
per le mie perversioni.
Spogliata, magra e gracile,
nella mia intimità
strappai petali dalla
tua carne luminosa,
per raggiungere il sole
che illumina le schiene,
e spiegargli all’orecchio
che afferrai nel mio sonno
gambe ansimanti con il mento alzato.
E’ accaduto stanotte,
una menzogna estiva:
ho aperto gli occhi con accanto un angelo
ed ero solo;
perdona le mie mani immaginarie,
scorda la presunzione
delle labbra di nuvola,
se un vento misterioso
ha scaldato il tuo letto.
Con che pudore il mare,
simile al senso di colpa che incombe,
nasconde le sirene dell’inconscio,
tue imitatrici.
Ora sfoglio il giornale,
mi chiedo dove sei,
piego lo sguardo
e non vedo alcun vestito,
ma la sabbia su cui hai sdraiato il seno,
signora dei miei sogni.
E’ inevitabile
il mio impatto con te.
nel punto più lontano
dal tuo sguardo impaurito
per le mie perversioni.
Spogliata, magra e gracile,
nella mia intimità
strappai petali dalla
tua carne luminosa,
per raggiungere il sole
che illumina le schiene,
e spiegargli all’orecchio
che afferrai nel mio sonno
gambe ansimanti con il mento alzato.
E’ accaduto stanotte,
una menzogna estiva:
ho aperto gli occhi con accanto un angelo
ed ero solo;
perdona le mie mani immaginarie,
scorda la presunzione
delle labbra di nuvola,
se un vento misterioso
ha scaldato il tuo letto.
Con che pudore il mare,
simile al senso di colpa che incombe,
nasconde le sirene dell’inconscio,
tue imitatrici.
Ora sfoglio il giornale,
mi chiedo dove sei,
piego lo sguardo
e non vedo alcun vestito,
ma la sabbia su cui hai sdraiato il seno,
signora dei miei sogni.
E’ inevitabile
il mio impatto con te.
mercoledì 22 giugno 2011
Istanbul?
Buia Istanbul
offuschi il Bosforo
e gridi minareti,
mentre alludi a una luce che non c'è.
Non avendoti vista,
al posto del tuo ponte
ho inventato un tappeto di tristezza,
per soffocare la furia del mare
afferrando la danza di un rebetiko,
in viaggio verso l'Asia
nella notte ottomana
di miele e olio di mandorla.
offuschi il Bosforo
e gridi minareti,
mentre alludi a una luce che non c'è.
Non avendoti vista,
al posto del tuo ponte
ho inventato un tappeto di tristezza,
per soffocare la furia del mare
afferrando la danza di un rebetiko,
in viaggio verso l'Asia
nella notte ottomana
di miele e olio di mandorla.
lunedì 30 maggio 2011
29
Il pugno che agito in alto
non minaccia alcun cielo
non arringa la rabbia,
non dice di vittorie.
E’ più simile al sesso di un bambino
che nudo affronta, ridendo, il futuro.
Perché io non sarò mai come voi.
che vi vedete ovunque
nei titoli gridati.
Falsi tra sputi e ricami su frasi,
lingue strette da nodi di cravatta,
sento nel vostro accento
punte da bugiardi o da scarpe di marca,
l’incubo del labirinto di specchi,
stonato come il canto
che dedicate al sé.
Tra piante rampicanti
sono solo una bocca
e tale resterò,
anche avvolto da parole e da muse.
Oppure sarò un uccello o un insetto,
che scappa dalle finestre socchiuse
appena sente odore d’aria aperta.
Cercami come
fango nel fiume
goccia nel mare
sasso del suolo
soffio nel vento
lacrima nella pioggia
raggio nella luce,
voce nella città
nulla nell’universo.
Umile battito d’umanità,
affacciato dall'occhiaia di un palazzo,
schiocco di dita di un dio che non c’è
neppure nella poesia.
La semplicità si svela da sola
ed è un essere abbastanza complesso,
non è utile coprirsi di ridicolo
scimmiottando l'assurdo.
Appoggio come un punto su una parete bianca
e scrivo per non affermare niente:
il ventinove è anonimo
e non celebra nulla.
non minaccia alcun cielo
non arringa la rabbia,
non dice di vittorie.
E’ più simile al sesso di un bambino
che nudo affronta, ridendo, il futuro.
Perché io non sarò mai come voi.
che vi vedete ovunque
nei titoli gridati.
Falsi tra sputi e ricami su frasi,
lingue strette da nodi di cravatta,
sento nel vostro accento
punte da bugiardi o da scarpe di marca,
l’incubo del labirinto di specchi,
stonato come il canto
che dedicate al sé.
Tra piante rampicanti
sono solo una bocca
e tale resterò,
anche avvolto da parole e da muse.
Oppure sarò un uccello o un insetto,
che scappa dalle finestre socchiuse
appena sente odore d’aria aperta.
Cercami come
fango nel fiume
goccia nel mare
sasso del suolo
soffio nel vento
lacrima nella pioggia
raggio nella luce,
voce nella città
nulla nell’universo.
Umile battito d’umanità,
affacciato dall'occhiaia di un palazzo,
schiocco di dita di un dio che non c’è
neppure nella poesia.
La semplicità si svela da sola
ed è un essere abbastanza complesso,
non è utile coprirsi di ridicolo
scimmiottando l'assurdo.
Appoggio come un punto su una parete bianca
e scrivo per non affermare niente:
il ventinove è anonimo
e non celebra nulla.
In equilibrio sui nasi
Non merito le tue mani
anche se ammetto di amarti
come un miracolo. E una cascata,
mentre tu stai sdraiata su di un prato,
sfida la gravità e colpisce il cielo
che, assetato di sale,
sugge il succo del sole.
E noi stiamo intrecciati ai fili d’erba,
nudi e in equilibrio sui nostri nasi,
con dietro alla mia schiena l’universo
e avanti i nostri volti.
anche se ammetto di amarti
come un miracolo. E una cascata,
mentre tu stai sdraiata su di un prato,
sfida la gravità e colpisce il cielo
che, assetato di sale,
sugge il succo del sole.
E noi stiamo intrecciati ai fili d’erba,
nudi e in equilibrio sui nostri nasi,
con dietro alla mia schiena l’universo
e avanti i nostri volti.
martedì 24 maggio 2011
Scirocco
E' inutile che tenti di cambiarmi
è già accaduto tutto:
non cedo più alle lusinghe della notte,
ma quando il vento di scirocco sveste
la chioma luminosa dell'azzurro
cerco riparo all'ombra
delle tue ciglia.
è già accaduto tutto:
non cedo più alle lusinghe della notte,
ma quando il vento di scirocco sveste
la chioma luminosa dell'azzurro
cerco riparo all'ombra
delle tue ciglia.
sabato 30 aprile 2011
Sposa
Ti ho vista nuda e ho capito chi eri:
luna nella notte e sole al mattino,
meato da cui origina l'oceano
apertura fertile della terra.
Danzano i tuoi piedi sulla fune
bianchi come le spume che si annodano,
legandoti alla vita l'orizzonte
che trascini tale a un velo nuziale.
Ti ho vista senza maschera e ho capito
dove s'illumina il dito di dio.
luna nella notte e sole al mattino,
meato da cui origina l'oceano
apertura fertile della terra.
Danzano i tuoi piedi sulla fune
bianchi come le spume che si annodano,
legandoti alla vita l'orizzonte
che trascini tale a un velo nuziale.
Ti ho vista senza maschera e ho capito
dove s'illumina il dito di dio.
martedì 19 aprile 2011
Pausa pranzo
Il vento sfoglia veloce le pagine
ed è già maggio sui cieli d'aprile,
il tempo vola quando si lavora,
dice la pecora a sera all'ovile.
Ma la musica non si ascolta più
volar nel blu dipinto di blu.
Però ora so l'ansia che mi divora,
volar nel blu e poi poter partire
sparire lassù nella pausa pranzo.
ed è già maggio sui cieli d'aprile,
il tempo vola quando si lavora,
dice la pecora a sera all'ovile.
Ma la musica non si ascolta più
volar nel blu dipinto di blu.
Però ora so l'ansia che mi divora,
volar nel blu e poi poter partire
sparire lassù nella pausa pranzo.
venerdì 15 aprile 2011
Pietra
A volte siedo sulla pietra madre,
verde com'era la mia primavera.
C'è una valigia piena di ciliegie
ferma alla stazione di Fabriano.
Ride di rabbia un ragazzo normale
ma che non ha mai voglia di dormire,
siede da solo leggendo un giornale
che gli ricorda che deve partire.
Mentre si fa più triste ogni tramonto,
tu pietra aspettami ancora al mattino:
tornerò in treno, senza giacche d'angelo,
la terra è tenera nell'Appennino.
Cara madre, tra i monti addormentarmi
con te nel nulla contando le stelle,
ho un po’ di vento nelle tasche vuote
piccola parte delle tue carezze.
verde com'era la mia primavera.
C'è una valigia piena di ciliegie
ferma alla stazione di Fabriano.
Ride di rabbia un ragazzo normale
ma che non ha mai voglia di dormire,
siede da solo leggendo un giornale
che gli ricorda che deve partire.
Mentre si fa più triste ogni tramonto,
tu pietra aspettami ancora al mattino:
tornerò in treno, senza giacche d'angelo,
la terra è tenera nell'Appennino.
Cara madre, tra i monti addormentarmi
con te nel nulla contando le stelle,
ho un po’ di vento nelle tasche vuote
piccola parte delle tue carezze.
martedì 5 aprile 2011
Senza titolo
Il tuo seno, l'unica curva del mondo,
cadendo dalle labbra si è disteso
ed io ho nascosto le mie dita in fondo
al tuo respiro. Il fiume inquieto ha atteso
il mio amore nell'acqua. Più profonda
stava questa estate, in cui sono sceso
e mi hai avvolto. Tutto si è fatto sponda
per la corrente, il contrario del peso.
Finché alla foce, noi due all'improvviso
zitti su labbra di sabbia e di sale.
Ascolta il vento: vibra una minaccia
d'autunno, un canto di lacrime, un muso
di temporale con lunghe braccia.
Per noi a settembre non esiste morte.
cadendo dalle labbra si è disteso
ed io ho nascosto le mie dita in fondo
al tuo respiro. Il fiume inquieto ha atteso
il mio amore nell'acqua. Più profonda
stava questa estate, in cui sono sceso
e mi hai avvolto. Tutto si è fatto sponda
per la corrente, il contrario del peso.
Finché alla foce, noi due all'improvviso
zitti su labbra di sabbia e di sale.
Ascolta il vento: vibra una minaccia
d'autunno, un canto di lacrime, un muso
di temporale con lunghe braccia.
Per noi a settembre non esiste morte.
Sigarette
E’ scritto sul pacchetto:
le sigarette alitano la morte.
Eppure amo fumare
confondermi col cielo nuvoloso
scindermi dal grigiore
e poi di nuovo fare un tiro forte.
Sono noia, rabbia e reincarnazione
motivi validi per il tabacco,
e mordere la coda del diavolo
che sta aggrappato al filtro,
quindi sciacquarsi la bocca con bacco
e delirare in piedi in testa a un tavolo:
dio mi ha offerto una cicca
per farne spirali di paradiso.
Cinico monopolista di Stato,
sono un mediocre su di un accendino,
questo pallido inferno è un tuo dettato
che a mio comodo inclino,
con la mia e tua nicotina degenere.
Tale a piombo in fondo a un portacenere
domani butto tutto e cambio il mondo.
le sigarette alitano la morte.
Eppure amo fumare
confondermi col cielo nuvoloso
scindermi dal grigiore
e poi di nuovo fare un tiro forte.
Sono noia, rabbia e reincarnazione
motivi validi per il tabacco,
e mordere la coda del diavolo
che sta aggrappato al filtro,
quindi sciacquarsi la bocca con bacco
e delirare in piedi in testa a un tavolo:
dio mi ha offerto una cicca
per farne spirali di paradiso.
Cinico monopolista di Stato,
sono un mediocre su di un accendino,
questo pallido inferno è un tuo dettato
che a mio comodo inclino,
con la mia e tua nicotina degenere.
Tale a piombo in fondo a un portacenere
domani butto tutto e cambio il mondo.
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sabato 26 febbraio 2011
Ballata nichilista
Le anime acerbe, inquiete ed orgogliose,
non prendono mai ordini
e detestano il sonno.
Recluta nichilista
con le guance macchiate
e la divisa che odora di birra!
La moto ti è simpatica
e il rock fa rumore,
ma le ombre si divertono
più sguaiate di te:
la smorfia ti sbeffeggia in vetrina,
la strada intorno oscilla
e il dito indica il petto.
C’è un fucile, desidera baciarti
proprio in quel punto.
Tu non sai dire no
mentre attendi fumando,
perché lei non telefona
neppure per negarsi.
Allora labbra e fuoco,
proiettile e temporale!
Pensando il cuore in pezzi
ti verrà il mal di testa.
La colpa è di quel demone
con cui ti fai la staffa.
Un amaro! - ordinava -
poi sputava per terra
e insisteva negli incubi
che giocare di notte
per distrarre la noia
è molto più difficile,
perché l’età dilata i nostri mostri.
E adesso il buio tace
quando si è fatto tardi.
L’alba è il rito anemico
di un sole che stupisce
solo chi mai c’è salito alle sei.
Molto meglio fuggire
dagli aguzzini mediocri,
dal tic tac senza numeri
di lei che non ritorna.
Noi sedevamo al tavolo
(facce da schiaffi e da cherubini)
appoggiando la maschera
a un bancone di ruggine.
Per gioco ti versavi
alcol a colazione.
Tu ti sentivi libero.
Ma la serranda chiude,
la risata e la morte
dalla spalla sinistra
si aggrappano ai piercing.
Collo chino di falce,
hai il viso deformato
da un bicchiere di ghiaccio.
Non vuoi andartene a letto?
E tremo per i postumi,
nella mattina in cui non ci sei più.
A me hai lasciato l’opportunità
di poter scrivere sulla virtù
di chi gioca sopra giostre enormi.
(A Stefano)
non prendono mai ordini
e detestano il sonno.
Recluta nichilista
con le guance macchiate
e la divisa che odora di birra!
La moto ti è simpatica
e il rock fa rumore,
ma le ombre si divertono
più sguaiate di te:
la smorfia ti sbeffeggia in vetrina,
la strada intorno oscilla
e il dito indica il petto.
C’è un fucile, desidera baciarti
proprio in quel punto.
Tu non sai dire no
mentre attendi fumando,
perché lei non telefona
neppure per negarsi.
Allora labbra e fuoco,
proiettile e temporale!
Pensando il cuore in pezzi
ti verrà il mal di testa.
La colpa è di quel demone
con cui ti fai la staffa.
Un amaro! - ordinava -
poi sputava per terra
e insisteva negli incubi
che giocare di notte
per distrarre la noia
è molto più difficile,
perché l’età dilata i nostri mostri.
E adesso il buio tace
quando si è fatto tardi.
L’alba è il rito anemico
di un sole che stupisce
solo chi mai c’è salito alle sei.
Molto meglio fuggire
dagli aguzzini mediocri,
dal tic tac senza numeri
di lei che non ritorna.
Noi sedevamo al tavolo
(facce da schiaffi e da cherubini)
appoggiando la maschera
a un bancone di ruggine.
Per gioco ti versavi
alcol a colazione.
Tu ti sentivi libero.
Ma la serranda chiude,
la risata e la morte
dalla spalla sinistra
si aggrappano ai piercing.
Collo chino di falce,
hai il viso deformato
da un bicchiere di ghiaccio.
Non vuoi andartene a letto?
E tremo per i postumi,
nella mattina in cui non ci sei più.
A me hai lasciato l’opportunità
di poter scrivere sulla virtù
di chi gioca sopra giostre enormi.
(A Stefano)
lunedì 24 gennaio 2011
Gli apostoli
Amici miei vi penso
come tanti pianeti
e di nostalgia i vertici
della mia ragnatela.
La distanza è la gioia
di allungare le dita
sulla carta geografica
su cui esita un bimbo.
Apro la birra buona
moltiplico sbronze da Gesù Cristo
siedo con voi su torri di bicchieri
e dico che ci incontreremo ancora,
insieme, nell’empireo.
come tanti pianeti
e di nostalgia i vertici
della mia ragnatela.
La distanza è la gioia
di allungare le dita
sulla carta geografica
su cui esita un bimbo.
Apro la birra buona
moltiplico sbronze da Gesù Cristo
siedo con voi su torri di bicchieri
e dico che ci incontreremo ancora,
insieme, nell’empireo.
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