lunedì 8 febbraio 2010

Acqua

Performance per il Festival Multietnico di Fabriano del 2007, che aveva come tema il rapporto tra uomo e acqua, vale a dire tra l'uomo e la sua primaria fonte di vita.

(Il maestro di cerimonia)
Un giorno arrivò tra gli uomini un derviscio che non aveva nome, e le sue preghiere non avevano una patria. Egli sembrava una nube leggera che aveva per tutti fresche parole di conforto. I suoi occhi erano raggi di luce, i suoi polsi solidi tronchi, le sue dita lunghe radici. Cosa cerchi?, gli chiedevano gli uomini incuriositi, poiché sino alla loro terra arida nessun forestiero era mai arrivato. L’oro, gli faceva quello prima di allontanarsi nel bosco secco. Ma nella valle non c’era oro, solo sassi spigolosi, e tutti lo sapevano. Così un giorno un giovane tra gli uomini, intimorito dalla sua povera statura, gli disse: Maestro, qui ci sono soltanto la terra e il duro lavoro.

(Tutti)
Maestro, qui non c’è nessun nettare,
le nostre mani così screpolate
tra di loro non riescono a congiungersi.
Tanto meno c’è ciò che voi cercate
quell’oro che rende l’uomo più ricco.

(Il maestro di cerimonia)
Il derviscio guardò severo come un temporale il giovane uomo. E gli rispose: Io non cerco l’oro che ha i riflessi della ricchezza, ma quelli della vita. Molti che avevano udito si allontanarono spaventati da quelle parole incomprensibili. Poi la voce del derviscio si fece più chiara, e accarezzò il capo del giovane uomo come una pioggia di primavera: Seguimi nel bosco, oggi troveremo l’oro e lo regaleremo a tutti, poiché a tutti appartiene. Molti che avevano udito si ritrassero pensando che il vecchio fosse pazzo. Il giovane uomo, invece, lo seguì senza chiedere oltre, attraverso i sentieri ricoperti di foglie caduche, che sono le lacrime che piangono gli alberi quando sono rinsecchiti. Il derviscio non parlò per tutto il tempo, poi, arrivato in un punto, s’inginocchiò, aprì le mani per ricevere la provvidenza e, sotto gli occhi del giovane uomo, così pregò:

(Tutti)
Padre nostro, benefica bocca,
dei tuoi figli dà ascolto alla sete.
Dalla falda risplendi, risorgi
oh fiume, così in limpido sangue
discendi dalla causa, nutrendo
la crosta della terra che attende.
Quel vino, eucaristia fresca e semplice,
lui di vivere a tutti permetta.
In zampilli ed in vortici minimi,
padre nostro accarezza la terra
con le punte dei tuoi piedi liquidi.
Rimetti a noi la pioggia, ricoprici
del canto della fonte. Con putridi
petroli affogherai i peccatori,
e mai salvo nessuno sarà.
Con l’acqua tornerai nella luce,
darai come una foce da bere
a chiunque chiederà. Conduce
l’amore all’acqua e l’acqua all’amore,
perché la grazia è in tutte le cose
di vita bisognose.


(Il maestro di cerimonia)
Il giovane uomo vide sgorgare l’acqua da una ferita della terra di cui prima non si era accorto, si accostò al guizzo che intanto si faceva ruscello, e di quel minuscolo prodigio bevve avidamente. Essa aveva il sapore e il colore del cielo. Il giovane uomo capì che era proprio grazie all’acqua che la vita gli scorreva nelle vene. E mentre l’aria si faceva più pura e i prati si facevano verdi, e gli alberi di nuovo sazi gonfiavano tronchi e chiome, tutti a valle che avevano udito le parole del derviscio capirono di che oro il saggio aveva parlato: dell’acqua, l’unica ricchezza, l’oro che deve appartenere a tutti, per dissetare l’umanità intera. Quando il derviscio e il giovane uomo fecero ritorno dal bosco trovarono le donne e gli uomini indaffarati nelle loro attività. Così, silenzioso, il derviscio poté andarsene umilmente, com’era arrivato, evaporando nella frenesia della festa. Grazie a lui ora gli uomini sanno cos’è che conta:

(Tutti)
Credo nell’acqua, perché forma il mio corpo per più del 70%.
Credo nell’acqua, perché pesa più della mia anima. E perché mi sento
perduto, come caduto laggiù, nel deserto, cercando solo un dio
che pietoso lui bagni le mie labbra, come con mio fratello faccio io.
Credo nell’acqua, perché viene per dare nuova vita a tutta l’umanità.
Credo nell’acqua, perché lei la terra ha trasformato in immensa bontà
cadendo, come la misericordia, per confortare il corpo e i nostri cuori.
Credo nell’acqua, che in quaranta giorni e quaranta notti, i nostri dolori
ha pulito insieme ai nostri peccati, per affidarci di nuovo alla fonte.
Credo nell’acqua, perché forma il mio corpo per più del 70%,
e in lei solo sento l’anima di ruscello.

(Il maestro di cerimonia)
Fratelli e sorelle, siamo oggi qui riuniti per celebrare insieme l’importanza dell’acqua, poiché essa appartiene a tutti. E rende una chiesa noi tutti, e a noi tutti ci rende una chiesa sola con la natura. Tutto il creato è pervaso d’acqua e senza acqua non esisterebbe la vita, questa fu la lezione del derviscio.
Dunque prendete e bevetene tutti.

(Tutti si mettono in fila per andare a bere vicino al feticcio e al maestro di cerimonia – presso l’“altare” si potrebbe dire, a seconda dell’allestimento -, poi ritornano a posto; dopo la prima celebrazione riparte la processione, la seconda celebrazione continua ancora:)

(Il maestro di cerimonia)
Ora sapete che l’acqua non ha bisogno di essere benedetta, perché già è consacrata dalla nostra sete e dalla sete della natura, e la sua forza limpida e gentile pervade e purifica tutto il nostro corpo. Andate in pace, e date da bere ai vostri fratelli e alle vostre sorelle.

(Fine della processione.)

10/09/2007

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