mercoledì 3 febbraio 2010

Frammento di sogno


[...] Scale, portici, porte, finestre, un moltiplicarsi di occhi, nasi, bocche, orecchi, inguini architettonici si fondevano e si superavano con sussulti, accelerazioni, frenate, impennate pazzesche. E precipizi e spigoli, il pieno e il vuoto, si alternavano risucchiando la vista e trascinandola e poi sbattendola su pareti e su gradini, nello spazio multidimensionale delle incisioni di Esher. Cominciai a correre per il labirinto, che incombeva da qualunque parte mi girassi. Vedevo scendere file di soldati in ritirata da Udine diretti probabilmente dietro le linee del Piave. Parallele al suolo ballerine eseguivano con precisione di centinaia di carillon i passi sulla melodia di Tchaikovskij. Soldati e spose si amano, e quando la guerra sarà finita si sposeranno, finalmente. Su uno spiazzo polveroso e lontano due clown si prendevano a martellate a testa in giù, e s’insultavano in qualche accento zingaro dell’Est. Dove si piange dobbiamo inventarci il mestiere di far ridere, ah ti capisco Zampanò la strada è spaziosa ma così difficile. Attraverso un oblungo portico obliquo, procedeva dietro una croce di fuoco una processione di uomini incappucciati, ascoltata da un gruppo di suore impegnate in macabre litanie di penitenza. Perché sacrificate la vostra carne, voi che siete giovani e belle? Che colpa avrete mai commesso se il peccato originale non è che una favola? Un anziano uomo distinto avanzava reggendo al guinzaglio un gigantesco naso con baffi arricciati, tra appariscenti anfore di fiori. Da dove camminava si generavano, come cascate, orologi disciolti. Signor Dalì, che passeggia in tondo come una cipolla da taschino, sa che il tempo è un’invenzione della nostra angoscia prima che uno strumento? Come possono descrivere giorno e notte, alba e tramonto, la complessità delle nostre vite sature di simboli? Venditori porta a porta, come vettori sistemati dappertutto, con denti d’oro e in gessati e calzature brillanti, sfoggiavano ottimismo a padri di famiglia venuti ad aprir loro l’uscio delle case incastrate. Scambiamo pezzi di pane con partecipazioni azionarie. Signora che fa? Non si mangiano le obbligazioni! Centomila attacchini - mi fu impossibile contarli - appiccicavano manifesti pubblicitari su scale storte o impalcature oscillanti come trapezi appiccati al niente. Trovate tutto anche in televisione, avvertivano soddisfatti del proprio lavoro di servi-degli-imbonitori. Ma perché invece di tutta questa carta da parati non riempiamo le strade di qualcosa che abbia un’anima? Intanto, da una finestra, si calavano cinquanta ladri uno dietro l’altro, e i poliziotti urlavano da un lato diverso tutti inclinati. Credo non sapessero come raggiungerli, e per questo latravano come dobermann costretti alla catena. Il caos favorisce i ladri, questo vuoi insinuare? Non so, non lo so, fatemi uscire da questa casa di bambole. Non sono un fantoccio, maledizione. Non appartengo a questo popolo di ombre! Le grondaie erano tubi di marmitta che espellevano anidride carbonica con grassi colpi di tosse. Io mi mescolavo a questa città-fantasma, e correvo e scappavo, e a forza di risalire e poi discendere, di risalire e poi discendere, mi era venuto un fiatone che mi comprimeva la trachea come un grido trattenuto. [...]

17/08/2008

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