martedì 2 febbraio 2010

Futuristi vs. Vociani: a ognuno le sue persiane

Futuristi contro Vociani. Queste due tendenze sono tra le più importanti che aprono il ‘900 della letteratura italiana. Due poli di attrazione poetici che per approssimazione possono disporsi come antinomie lungo uno stesso asse, in quanto hanno caratteristiche comuni ma si risolvono in atmosfere diametralmente contrapposte.
Prima di tutto entrambe le correnti poetiche si rivolgono decisamente alla Francia per superare la monotonia dell’esperienza poetica italiana, piuttosto fiacca nell’innovazione. Al contrario, la Francia è all’epoca - e ormai da un bel pezzo - la capitale non solo della poesia ma anche in genere della cultura europea.
I Futuristi lo fanno sfacciatamente - come loro costume d’altronde - per evocare un verso alla ricerca ansiosa del luogo più alla moda del momento, cioè Parigi, e lo fanno inserendo molto di frequente veri e propri sintagmi in francese nelle proprie poesie. Marinetti, capofila, è addirittura prima di tutto poeta in lingua francese.
I Vociani, a passeggio sul marciapiede opposto, si rivolgono alla poesia transalpina avvicinandosi all’esperienza estetica dello spleen, dell’ansia che si risolve in nulla, dell’angoscia che svapora in viaggio e in insofferenza per la vita. Insomma, qualcosa di molto simile alla lezione dei poeti maledetti. Basti pensare che probabilmente il più importante di loro, Dino Campana, è spesso accostato per il suo stile non solo di scrittura ma anche di vita, lungamente trascorsa in viaggio, al più celebre collega Rimbaud.
Entrambe le correnti esprimono il tentativo di affermarsi come anticonformiste, e quindi i loro modelli si scontrano per essere modelli di cambiamento e di riferimento della poesia italiana, attraverso le proprie riviste, quasi militanti a livello culturale, ovvero «Lacerba» (Futuristi) e la «Voce» (Vociani). Quello che le differenzia secondo me in maniera sensibile è il rapporto con la società contemporanea, motivo che poi naturalmente le spinge verso differenti scelte stilistiche nella coppia di opposizione violenza-nonviolenza. I Futuristi generalmente celebrano la violenza e la rivolgono fuori-da-sé: il loro verso e la loro parola è aggressiva, nel migliore dei casi è satira graffiante, nel peggiore celebrazione della guerra, passando nel mezzo attraverso la celebrazione della forza, dell’azione (temi che saranno presto cari ai totalitarismi) e della pubblicità, che a mio parere è molto spesso nello slogan una forma di aggressività anch’essa.
Nei Vociani la rabbia è al massimo rifiuto del mondo, gelida indifferente rassegnazione, o ansia che si risolve perfino in violenza su se stessi e, pur di non farla attivare, si muta in follia ed in paranoia e lascia sul foglio stampato una scia di immagini e di simboli carichi, ma con un retrogusto di malinconica indifferenza e distacco.
Prendiamo un soggetto come perno, la persiana, e utilizziamolo per mettere a confronto Marinetti e Campana, facendo parlare solo la poesia.

In Marinetti le persiane vengono divelte in una notte che trova il suo felice compimento in una serie di atti vandalici (notate anche gli «alberi segati», la violenza ha generato il soggetto); da L’esecrabile sonno vv. 46-54:

Bisogna pure che qualcuno provveda
a lanciar nei canali
le persiane dei pian terreni,
graziose zattere avventurose
che vanno forse a ritrovare, lontano,
lontano, nella campagna,
le loro radici d’alberi segati
e a rivedere i loro amici
d’infanzia vegetale!


In Campana, che passeggia in una «notte fantasiosa», che gli «par bella», le persiane sono come belle donne cui un ubriaco rivolge la sua serenata (verso ripreso anche da una celebre canzone della Bandabardò, Ubriaco canta amore); da La petite promenade du poète vv. 20-24:

Trovo l’erba: mi ci stendo
A conciarmi come un cane:
Da lontano un ubriaco
Canta amore alle persiane.

02/11/2007

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