Impiccato alla luna,
dietro a un velo di vetro
vedo ancora il tuo viso.
Le tue mani sul mento,
quelle labbra alla gola,
nude scapole, e lame
che squarciano lenzuola.
Per questo bacio il vento
come un bimbo che ha fame,
col pudore del muro
e gli occhi tra le tende.
Dì, dove dormi adesso
mentendo al tuo futuro?
Che misero regresso
l’ora del tuo ricordo.
Credo non ti piacciano
i polmoni piangenti,
questi miei pugni gonfi.
Giorni enormi mi schiacciano
tra scarpe indifferenti;
scarni e in cenere, i cieli.
Vorrei sempre la notte:
le mie dita ingiallite
che spengono la luce
della finestra muta,
e il sogno che conduce
in luoghi meno oscuri.
La candela resiste
nella mia tana nera,
con il corpo raccolto
il freddo non esiste;
quando il mattino arriva
tendo ancora alla notte,
perché non c’è deriva
se tutto resta fermo.
...quando il mattino arriva
RispondiEliminatendo ancora alla notte,
perché non c’è deriva
se tutto resta fermo.
Mi ricorda Rabbit...